Categoria: Uncategorized

FITOPSICOSOMATICA Il Riequilibrio delle 6 Risorse

Entro in punta di piedi in una grande stanza. Mi guardo intorno, a caccia di volti familiari.
Mi succede sempre così, quando inizio un corso come questo.
Se devo seguire una lezione, una presentazione ….è diverso. Posso mettermi in silenzio in un posto confortevole sapendo che non avrò bisogno di sentirlo mio, perché lì funzioneranno, si spera, solo le mie meningi.

Ma in questa stanza, già lo so, sarà tutto diverso. So solo in parte quello che mi aspetta, e questo mi piace e mi intriga al tempo stesso. Ho finalmente scelto di affidarmi con fiducia ad un istinto che, tra mille resistenze, ha infine prevalso, portandomi qui. Dopo un lungo viaggio.

Dopo molti lunghi viaggi, a dire il vero, ma quello per arrivare in questo piccolo cuore dell’Emilia, è stato davvero disagevole. Scendere dalle ormai “mie” montagne, poi la città, il caos, il treno, il passaggio in auto, arrivare tardi.
Ed eccomi, che entro in punta di piedi nella stanza, per giunta attraversando un gruppo che ha il bel vantaggio di aver già familiarizzato, mentre io percorro lo spazio che mi divide dalla prima sedia vuota a caso, come una biglia, in silenzio.


Sono qui per una ragione ben precisa e con una determinazione chiara. Essere aperta, permeabile e disponibile, perché questa esperienza mi percorra completamente, senza riserve, senza angolini da nascondere, affidandomi prima di tutto a Me stessa, alla nostra Guida ed infine ai miei Compagni di viaggio.
Scelgo l’autenticità ad ogni costo, sono pronta, persino grata per l’occasione che si è presentata.

E’ decisamente Lui, l’artefice primo di questa scelta.

Un medico, si. Con le giuste competenze ed una visione innovativa, intrigante, da scoprire, fare mia, integrare nel mio lavoro.

Scoprirò dopo questi mesi di formazione di aver anche incontrato una Guida rara, una di quelle persone che t’insegnano attraverso ciò che sono, attraverso il proprio viaggio personale, capaci di portare ciascuno per mano con fermezza e delicatezza, con un raro rispetto per ogni individuo, con una visione profonda, commuovente, inclusiva…potente.

Questa è la Fito Psicosomatica, prima di tutto.

Una visione realmente potente, che nasce nel rispetto profondo dell’animo umano e dall’integrazione dei valori interiori con la pratica terapeutica, nella profonda convinzione che si possa condurre insieme un viaggio, incredibile, alla scoperta del significato dell’esperienza umana, pur se nella sofferenza.

Scoprirò in questi mesi di formazione tutta esperienziale molte delle mie resistenze e molti dolori….e tutto mi sarò davvero caro e prezioso poi, in studio, conducendo in quello stesso viaggio un’altra anima stropicciata, alla ricerca di quiete.


Questo, vorrei davvero condividere con Te.


Chi ti sta davanti, di fianco…chi pensi ti possa condurre alla ricerca della “guarigione”….conosce bene, tutto.
Ogni tentennamento, ogni dubbio. E quella voglia di tornare indietro, con la rabbia di essersi infilati su una strada che sembra troppo impervia.
E conosce la fatica nel lasciarla andare, quella rabbia, sapendo che probabilmente lascerà il posto alla sofferenza. Perché occorre per forza attraversarla, la sofferenza, per lasciarla andare.

Per prendere il suo posto tra i soprammobili dimenticati a prender polvere sulle mensole del cuore dobbiamo integrarla, farla diventare una delle tante tessere del puzzle.
Chi ti sta davanti ha raccolto con pazienza, nel tempo, i pezzi di sé….infilandoli in quel puzzle.
E guai se pensa di aver finito l’opera, di aver trovato la quadra, perché siamo tutti in cammino, abbiamo tutti il passo successivo che ci aspetta.
Solo da questo, può passare la fiducia, da che altro ?
Ti presenterò meglio, la FitoPsicosomatica, raccontandoti di cosa di tratta, cosa può fare per te e come.


Ma è importante per me che tu sappia tutto ciò che hai letto qui.


Perché per me questo incontro non è stata solo una “formazione”, questo strumento non è solo un metodo di lavoro ….ma l’incontro con una Visione.


Nè tu, nè nessuno deve sentirsi abbandonato nel proprio dolore o a causa di esso.
Nè la sofferenza, il disagio devono diventare una colpa. T’invito a non cadere in questo tranello !
Ci vuole coraggio per decidere di scegliere la consapevolezza.

E coraggio per svelarla.
Ma questo coraggio fa di tutti noi una famiglia… l’unica nella quale riconoscere il proprio simile, in tutta la sua delicatezza
.

correva l’anno 2023..


Grazie Fabio, di Cuore

Libertà, conflitti e doni

Quando parliamo di libertà, pensiamo sempre di doverci liberare da qualche costrizione esterna, da qualcuno o qualcosa che ci limita, si oppone alla nostra volontà.
E, nuovamente, un concetto porta ad una opposizione. A noi “contro” qualcosa, o qualcuno.

Eppure.

Eppure c’è un’altra libertà, più difficile da conquistare e per questo meno gettonata, che è quella da noi stessi.
Dalle nostre conoscenze e credenze, soprattutto.

“E se pensate a quanto le nostre credenze determinano la nostra realtà,
potete afferrare almeno in parte cosa significhi
aprirsi ad esplorare il nuovo.”

Imparare, soprattutto, è una delle mie strade preferite, alla conquista della libertà.
Cercare altre vie che non conosco, altre prospettive, altre interpretazioni…. e fare attraverso di esse, l’esercizio di spogliarmi di ciò che costituisce la mia “forma” attuale ed immaginarne una nuova.

Non è semplice…. c’è un certo dolore, sempre, nel movimento di accogliere ciò che ci contraddice.

Ma se si và oltre il modello della resistenza, dell’opposizione e dello scontro, se si prova ad accennare un’apertura ed una disponibilità, si sta nel presente, nell’accoglienza (…. anche della propria resistenza… ) ecco che avviene

….l’espansione…

E percepisci allora di poter sfiorare una nuova Libertà, quella da te stesso, così come ti sei programmato, e di poterti immaginare più ampio, più profondo, più ricco.

Questa è la magia dell’incontro con la propria comunità umana.
Che immaginiamo ci tolga…. mentre spesso, se siamo disponibili…. ci offre molto più di quanto possiamo immaginare.

Perché altri possono immaginare, ciò che noi non possiamo.

E donarcelo.

Categories: Uncategorized

Manuale di sopravvivenza alle feste 2/2

ASSAPORATE LENTAMENTE

….e nel Tempo che fugge, vi riporto al Tempo ricco, pieno.

Abbiamo parlato di consapevolezza e scelte, di presenza ed atteggiamenti, fatto alcune riflessioni su aspetti ricorrenti che affrontiamo durante i momenti conviviali, e non solo.
Volevo portarvi per mano, anche un po’ scherzosamente, tra i meandri bui che si celano dietro la facciata delle feste comandate, dove tutto è patinato, gli alberi di Natale sono perfettamente triangolari, i panettoni lievitati con maestria e gli spumanti fanno tutti il botto….e dove le signore si tolgono i tacchi sotto la tovaglia, i signori si slacciano la cintura nascondendo la panza sotto il tovagliolo e la padrona di casa mette il piatto di portata sulla macchia della tovaglia buona 🙂 .

In questa meravigliosa giostra che è la tavolata del pranzo o del cenone, possiamo usare un superpotere che ci fa praticare la consapevolezza e la presenza….senza che nessuno se ne accorga. Vi ricordate, si parlava di micropratiche ed in questa occasione possiamo unire questo furbissimo strumento insieme a quello, potente e semplice insieme, del Mindful Eating.
Di che si tratta ? Di assaporare con consapevolezza e totale presenza, con il giusto tempo ed il giusto atteggiamento mentale.
Vediamo alcuni punti insieme, e poi pratichiamo !

*Mangiare emozioni

Il cibo ha una potenza evocativa potentissima. Non solo è stato il primo motivo per cui, ancora in fasce, abbiamo elaborato delle strategie per ottenere l’attenzione altrui ma è anche letteralmente nutrimento di tutti i nostri sensi.
Attraverso esso elaboriamo dei ricordi precisi e dei legami significativi con luoghi e persone.
Ha una funzione di compensazione perché attiva, tra le altre cose, un senso di quiete legato alla soddisfazione di un bisogno primario, la sopravvivenza.
Possiamo mangiare un gelato per ritornare bambini o la famosa lasagna della nonna per sentirci a casa….state pensando anche voi a qualcosa di simile, vero ?
E’ un legame potente ed affascinante ma può essere insidioso….per cui sarà meglio sedersi a tavola con l’intento di far lavorare sensi e papille gustative, piuttosto che le nevrosi o la stanchezza accumulata.
Fermatevi. Chiedevi cosa state facendo con la forchetta in mano, guardate il piatto e siate li, nel momento e solo nel momento presente.

*Il piacere del corpo
Gli orientali dicono che da noi, tutta l’energia stia in alto, nella mente. E ci offrono tante pratiche per riportare equilibrio, per connetterci e radicarci, pur rimanendo in contatto con i pensieri, l’attività creativa e riflessiva.
Ma non c’è dubbio che occorra tornare al corpo, per godere pienamente della nostra vita.
Ai sensi, si. Ma anche alle sensazioni ed imparare a sentire, ad esempio, appetito e sazietà pur tra le chiacchiere e la confusione. Il corpo parla e ci può regalare esplosioni di piacere…basta un’uvetta (e capirai il perché)
*Stabilire confini sani

Che significa avere un contatto diretto e consapevole con ciò che sentiamo giusto per noi e saper dire no, sia a noi stessi sia agli altri, quando questo confine viene forzato.
Cosa significa “sentire giusto per me” ?
Esci dalla mente ed entra nella sensazione corporea, ascolta il respiro, la bocca dello stomaco o quel punto del corpo che solo tu sai come ti parla, quando percepisci il disagio di una forzatura.
Ascoltalo, dolcemente segui il suggerimento che ti arriva.
Probabilmente è una voce sussurrata tra tanti strilloni…..ma è quella che ti indica la strada autentica verso il tuo benessere.

Ed ora via !
Si pratica !

La meditazione del chicco d’uva
E’ piuttosto famosa, la potete trovare un po’ dappertutto e la dobbiamo ad un professore, studioso ed autore, nonché Mr Mindfulness, Jon Kabat-Zinn.
Ma ora non avete tempo di prendevi l’uvetta, il pranzo è alle porte e siete alle prese con i fornelli o la carta regalo. O al massimo, rubatene una dal panettone….senza essere visti 😀
Bigino dei punti fondamentali (e nodo al fazzoletto per ritornarci appena finite le feste):

*primo approccio, usate gli occhi. Guardate il vostro cibo come guardereste un puzzle, con attenzione e curiosità, notandone forme e colori, disposizione nel piatto, luci volumi ed ombre.
Ricordate, se siete totalmente presenti, vi basterà poco più di un attimo….e sarete “nel” piatto con tutti voi stessi.
Registrate le emozioni: vi attira, vi respinge, vi ricorda qualcosa ? Ed il corpo, come vi dice se vi piace o no, se arrivano ricordi piacevoli o meno ? Quale parte si attiva ?
Il segreto è ascoltare senza giudicare, accettare quello che è, in quel momento.
*Iniziate il viaggio consapevole: .perché avete scelto di partire proprio da quel boccone ? Osservate e quindi attivate il naso (esplosione!!) e fate caso alla salivazione, aspettate prima di ingerire …. solo un poco. Ora, le labbra, la lingua, la bocca. Ascoltate ogni passaggio, la consistenza dell’alimento, attendete prima di mordere e masticare. Cosa vi spinge finalmente ad assaporare il boccone ? Fate poi caso a tutte le sfumature dei sapori ed a come cambiano con il calore del vostro corpo. A come cresce il desiderio di deglutire ed a cosa provate se attendete giusto un secondo in più.
Poi seguite il boccone fino a quando non sentirete più la sua presenza e soffermatevi sull’eco che ha lasciato, la scia dei sapori e delle sensazioni. Volete ripetere l’esperienza ? Vi incuriosisce provare un accostamento originare con un sapore diverso o gradite continuare con quello che avete appena provato ? Vi manca qualcosa ? Siete pienamente soddisfatti ?

No, non è difficile e nemmeno macchinoso.
Ora, che siete ai fornelli, afferrate il primo cibo commestibile che avete sottomano e provate: vi prometto che non vi ruberò più di 2/3 minuti al massimo.
E se è davvero così, e non avete mai praticato prima….siete stati anche bravi !

Questo esercizio, infatti, racchiude in sé infiniti spunti: dalla presenza, la consapevolezza, all’ascolto del corpo, al non giudizio e così via.
Ma…se siete alle prese con quel panettone con la crema al pistacchio che avete cominciato a temere e sognare già a vacanze estive terminate….provate con questo altro esercizio !

Saziare il desiderio

E’ li, davanti ai vostri occhi ed allenati come siete all’ascolto delle vostre papille gustative, sentite scorrere l’acquolina a fiumi.
Privatevi della vista ed ascoltate il desiderio, l’impulso prepotente ad afferrare la fetta ed addentarla.
Fate crescere più che potete questo desiderio, visualizzatelo come un’onda che diventa sempre più potente e maestosa, sempre più alta. Continuate fino all’esagerazione e seguite questo processo con il vostro respiro, fate che diventi un messaggero in grado di trasportare le sensazioni fisiche in ogni angolo del vostro corpo, saziando di gusti e profumi ogni singola cellula, fino a saturare il desiderio.
Sentirete il bisogno farsi via via sempre più flebile, mentre si rafforzeranno la vostra centratura e capacità di scelta, aumenterà la quiete e svanirà la dipendenza dall’oggetto del vostro desiderio.
Così la vostra scelta sarà guidata da un’ispirazione decisamente più saggia, vi sentirete più forti e consapevoli e potrete accostarvi con leggerezza al cibo.

Bene, direi che del Menù previsto, abbiamo condiviso poco più che qualche antipasto: ci sarebbe tanto, tanto di più da dire e fare insieme.


Ma il Natale è alle porte e quindi…..


…..sono pronti i cappelleti in brodo 😅????

Categories: Uncategorized

Manuale di sopravvivenza alle feste 1/2

Ho appena scritto un post per il gruppo facebook “Le ricette per un intestino felice” e mi piace condividerlo con te, che segui il mio sito.
Buona lettura !

Ed eccoci qui…. al pranzo di Natale.
Era tutto molto buono.
The End

Ed invece no, non finisce qui…..nei nostri cuori e nelle nostre menti, oltre che nelle nostre panze, rimane la memoria di un giorno che, volente o nolente, è pur sempre unico nell’anno.
Per questo lo vorremmo davvero speciale, per questo a molti è indigesto.
Ecco quindi alcune riflessioni ed alcuni trucchetti per uscire vincitori dalla sfida !

*Partiamo da un boccone amaro: il senso di colpa….e dintorni.
Ci siamo detti che avremmo accostato la tavola imbandita con leggerezza, ma davanti alla lasagna della nonna le ginocchia cedono, l’acquolina vince.
Ci immergiamo nel profumo di casa, ci saziamo occhi, papille e stomaco e…..e poi arriva il conto. Il gonfiore, la cintura che stringe.

Arriva un’altra prelibatezza, preparata con cura dalla mamma….e si cede anche a questa generazione ! E tra una forchettata e l’altra cominciamo a fantasticare su improvvisi rotoli che assillano le nostre forme, in preda ad un sottile panico.
Vuoi a questo punto non accompagnare il tutto con un buon calice ?
Vuoi davvero privarti del dolce, a disastro ormai compiuto ?
La diga cede…. et voilà, in men che non si dica l’umore cambia, la digestione si fa difficile e ci si vota mestamente al digiuno universale.

Sembra sciocco ma consapevolmente o meno, per molti, finisce così.
Non si tratta di essere indulgenti con se stessi e nemmeno di imparare a perdonare i nostri peccatucci: il rimedio è molto, molto più a monte.
Il senso di colpa ci parla di quanto poco abbiamo integrato il nostro comportamento nel nostro sistema di “credenze”…che non sono quelle dei piatti della nonna 🙂
Ci dice che stiamo compiendo delle scelte che contraddicono ad una immagine che abbiamo di noi, qualcosa che è molto, molto distante dalla sostanza.
Quando abbiamo realmente integrato le nostre scelte nel nostro sistema interiore, sappiamo benissimo dove siamo e perché….e sappiamo quindi “sgarrare” con allegria.

Questo perché siamo capitani, timonieri ed equipaggio della nostra nave, la conduciamo con chiarezza nella direzione che sappiamo scegliere…e possiamo cambiare.

Non è necessariamente un processo immediato, ma un viaggio che si compie quotidianamente, quello verso questa solidità.
Ognuno ha i suoi tempi, siatene consapevoli.
*La scelta come privazione.
Si tratta semplicemente di prospettiva….e con quale scegliete di vedere le cose.
Ahimè, la scelta implica una privazione…o scelta non sarebbe.
Ma ha in sé moltissimi aspetti positivi che potremmo dimenticare: è un esercizio di libertà, prima di tutto. Implica chiarezza e ci conduce dove abbiamo deciso di andare, permettendoci di godere ciò che abbiamo scelto. E’ un ottimo specchio ma è anche un testimone che ci parla continuamente di ciò che siamo. Ci insegna molto, il dover scegliere….e non ci insegna che “non si può avere tutto” ma piuttosto che siamo solo e solo noi a dirigere ogni aspetto della nostra vita, arricchendola con il meglio che la vita ci offre, come è giusto che sia.
Onoratevi.
*Il confronto con “gli altri”….

……quelli dei preconcetti, i criticoni, i curiosi, i preoccupati, quelli degli sfottò….quelli insomma che non si fanno i fatti loro.
Ecco, tutta la loro attenzione su cosa mangiate e perché – e cosa bevete e perché – e se fate digiuno e perché – e se non andate al supermercato, perché….non parla di voi.
Parla di loro !
Parla di quanto siano conformi a dei modelli stereotipati, o di quanto siano poco informati oppure disinteressati alla propria salute. Ci dice quanto i loro comportamenti siano soliti essere conformi alle aspettative altrui e non gli appartengano affatto e di come chi sa essere “autentico” li faccia sentire inadeguati.
Potreste sentirvi attaccati perché il vostro essere centrati sui vostri bisogni mette a nudo l’incapacità altrui di fare altrettanto….
Siate magnanimi…..afferrate una carota e sfogatevi con un bel morso 🙂
Non fate diventare questo teatrino il vostro alibi…..appropriatevi delle vostre scelte, qualsiasi esse siano.
Volete “sgarrare” ? Non è una sconfitta, è l’esercizio della vostra libertà, purché sia frutto di piena consapevolezza.
*La mancanza di tempo
Anni fa, un Maestro francese che si chiama Daniel Odier, mandò in frantumi l’alibi più comune a tutti i partecipanti della sua classe, di cui facevo parte.
Si parlava della difficoltà di trovare il tempo per la meditazione, ma l’insegnamento è prezioso, proprio perché trasversale.
Ci parlò allora delle micropratiche e di come ogni azione quotidiana possa, per quanto banale, trasformarsi in una buona occasione per meditare: sul bus, sotto la doccia….ovunque. L’essenza è “semplicemente” essere presenti, totalmente consapevoli, immersi nell’esperienza con tutti se stessi….questo la rende significativa al punto da poterla considerare una meditazione a tutti gli effetti.
Ecco, non ci manca il tempo.
Ci mancano o la voglia, o la chiarezza mentale.
C’è un tempo per abbuffarsi, uno per il digiuno.
C’è il tempo per far festa ed anche quello per raccogliersi nell’emozione.
C’è il tempo, sempre. Finché abbiamo Tempo.
Un esempio di come applicare queste micropratiche ? ASSAPORATE LENTAMENTE, con tutti i sensi.
Ma ne riparleremo.

*I preparativi
…..dei pasti, ma anche del corpo e della mente.
Per i pasti, se siete qui, sapete già tutto e vi affido al gruppo, alle idee di tanti ed alla voglia di condividerle, che non manca mai (grazie!).
Per il corpo e la mente, abbiamo ancora due giorni per prepararci ed armi semplici da usare, al nostro arco:
_RESPIRAZIONE: tra le tante cose, deacidifica ed ossigena i tessuti,, calma la mente e ci dà maggiore focus e centratura per le nostre scelte.
_ALIMENTAZIONE: scegliamo con cura soprattutto i tempi, non facciamo diventare le giornate uno spuntino continuo, alterniamo consapevolmente dei tempi di astensione magari un poco più lunghi…. Per tutto il resto c’è la nostra Doc, Livia Emma 🙂 .

_IDRATAZIONE: scegliamo tisane di buona qualità per riposare meglio, per aiutare il fegato, per sostenere il linfatico…ciascuno a seconda dei suoi bisogni. Se poi informate l’acqua con i cristalli o con le frequenze, meglio ancora).
_RIPOSO: non si tratta solo di dormire, o dormire bene. Ma anche di astenersi dall’obbligo, dal dare o fare ciò che è dovuto, di alleggerirsi da ciò che si percepisce come un inutile peso. Si tratta di occuparsi anche della propria mente, di lasciar andare il controllo, permettersi la leggerezza facendo emergere ciò che è veramente importante…..l’amore. Perché di questo si parla nelle feste, ma ci si arriva dopo essersi massacrati di stanchezze inutili, di pensieri debilitanti.
Non dimentichiamo l’amore verso noi stessi !
_ATTIVITA’ FISICA: che non sia quella dello shopping compulsivo ma vi aiuti a rallentare i ritmi e ritrovarvi con voi stessi e la vostra centratura. Basta un parco cittadino, non ci vuole molto…e se non potete correre, camminate svelti con un occhio di riguardo alla respirazione ed alla postura. E siate presenti !

Un ultima riflessione: è dalle piccole cose – e soprattutto dai primi passi – che parte il cambiamento a cui aneliamo.
Se tutto questo sembra davvero troppo, scegliete un compito, uno solo…..quello che più vi attira. Può essere la camminata nel parco, la tisana o il digiuno, non importa.


Fate però che sia il vostro rito personale, la celebrazione del vostro benessere, a cui vi dedicate con tutti voi stessi.
Un momento di gloria, di piena soddisfazione.

Sorridete !!



1/2 ….to be continued….

Nascite e Rinascite

Oggi 13 Settembre 2023 viene inaugurata la Rete Naturopatia di Ippocrate.

Felicemente, ne faccio parte, insieme ad una comunità di colleghi, in tutta Italia, che aderiscono ad un progetto ambizioso, quello di riportare la salute fuori da logiche che con il nostro benessere, fisico ed interiore, non hanno nulla a che fare.

Condividiamo questa prospettiva con la preesistente rete dei Medici, ai quali lasciamo doverosamente, nel rispetto delle reciproche competenze, diagnosi e cura.

Il naturopata si occupa di prevenzione, educazione allo stile di vita più corretto per il singolo, guida alla pienezza della vita, nei campi che gli sono propri.

Come il medico ippocratico, rifugge dalla standardizzazione del proprio operato e si mette al servizio dell’individuo considerandolo per ciò che è, un essere unico, in cui corpo, mente e spirito collaborano alla Vita.

Un in bocca al lupo alla Rete, a tutti i colleghi, a me…..

Per le prenotazioni:
https://ippocrateorg.org/rete-di-naturopatia-di-ippocrateorg-prenotazioni/

Categories: Uncategorized

Un Viaggio, una Visione

Entro in punta di piedi in una grande stanza. Mi guardo intorno, a caccia di volti familiari.
Mi succede sempre così, quando inizio un corso come questo.
Se devo seguire una lezione, una presentazione ….è diverso. Posso mettermi in silenzio in un posto confortevole sapendo che non avrò bisogno di sentirlo mio, perché lì funzioneranno, si spera, solo le mie meningi.

Ma in questa stanza, già lo so, sarà tutto diverso. So solo in parte quello che mi aspetta, e questo mi piace e mi intriga al tempo stesso. Ho finalmente scelto di affidarmi con fiducia ad un istinto che, tra mille resistenze, ha infine prevalso, portandomi qui. Dopo un lungo viaggio.

Dopo molti lunghi viaggi, a dire il vero, ma quello per arrivare in questo piccolo cuore dell’Emilia, è stato davvero disagevole. Scendere dalle ormai “mie” montagne, poi la città, il caos, il treno, il passaggio in auto, arrivare tardi.
Ed eccomi, che entro in punta di piedi nella stanza, per giunta attraversando un gruppo che ha il bel vantaggio di aver già familiarizzato, mentre io percorro lo spazio che mi divide dalla prima sedia vuota a caso, come una biglia, in silenzio.


Sono qui per una ragione ben precisa e con una determinazione chiara. Essere aperta, permeabile e disponibile, perché questa esperienza mi percorra completamente, senza riserve, senza angolini da nascondere, affidandomi prima di tutto a Me stessa, alla nostra Guida ed infine ai miei Compagni di viaggio.
Scelgo l’autenticità ad ogni costo, sono pronta, persino grata per l’occasione che si è presentata.

E’ decisamente Lui, l’artefice primo di questa scelta.

Un medico, si. Con le giuste competenze ed una visione innovativa, intrigante, da scoprire, fare mia, integrare nel mio lavoro.

Scoprirò dopo questi mesi di formazione di aver anche incontrato una Guida rara, una di quelle persone che t’insegnano attraverso ciò che sono, attraverso il proprio viaggio personale, capaci di portare ciascuno per mano con fermezza e delicatezza, con un raro rispetto per ogni individuo, con una visione profonda, commuovente, inclusiva…potente.

Questa è la FitoPsicosomatica, prima di tutto.

Una visione realmente potente, che nasce nel rispetto profondo dell’animo umano e dall’integrazione dei valori interiori con la pratica terapeutica, nella profonda convinzione che si possa condurre insieme un viaggio, incredibile, alla scoperta del significato dell’esperienza umana, pur se nella sofferenza.

Scoprirò in questi mesi di formazione tutta esperienziale molte delle mie resistenze e molti dolori….e tutto mi sarò davvero caro e prezioso poi, in studio, conducendo in quello stesso viaggio un’altra anima stropicciata, alla ricerca di quiete.


Questo, vorrei davvero condividere con Te.


Chi ti sta davanti, di fianco…chi pensi ti possa condurre alla ricerca della “guarigione”….conosce bene, tutto.
Ogni tentennamento, ogni dubbio. E quella voglia di tornare indietro, con la rabbia di essersi infilati su una strada che sembra troppo impervia.
E conosce la fatica nel lasciarla andare, quella rabbia, sapendo che probabilmente lascerà il posto alla sofferenza. Perché occorre per forza attraversarla, la sofferenza, per lasciarla andare.

Per prendere il suo posto tra i soprammobili dimenticati a prender polvere sulle mensole del cuore dobbiamo integrarla, farla diventare una delle tante tessere del puzzle.
Chi ti sta davanti ha raccolto con pazienza, nel tempo, i pezzi di sé….infilandoli in quel puzzle.
E guai se pensa di aver finito l’opera, di aver trovato la quadra, perché siamo tutti in cammino, abbiamo tutti il passo successivo che ci aspetta.
Solo da questo, può passare la fiducia, da che altro ?
Ti presenterò meglio, la Fitoterapia Psicosomatica, raccontandoti di cosa di tratta, cosa può fare per te e come.


Ma è importante per me che tu sappia tutto ciò che hai letto qui.


Perché per me questo incontro non è stata solo una “formazione”, questo strumento non è solo un metodo di lavoro ….ma l’incontro con una Visione.


Nè tu, nè nessuno deve sentirsi abbandonato nel proprio dolore o a causa di esso.
Nè la sofferenza, il disagio devono diventare una colpa. T’invito a non cadere in questo tranello !
Ci vuole coraggio per decidere di scegliere la consapevolezza.

E coraggio per svelarla.
Ma questo coraggio fa di tutti noi una famiglia… l’unica nella quale riconoscere il proprio simile, in tutta la sua delicatezza
.

Categories: Uncategorized

Piccole illuminazioni

Pensare al percorso della vita come ad un insieme di sforzi, che meritino di essere coronati da un grande successo, è l’anticamera della frustrazione.

Pensieri sparsi sugli eventi, la vita ed i giorni… che scorrono.

Incontriamo, é vero, grandi eventi nella nostra vita: alcuni ci regalano incredibili, alle volte esaltanti picchi emotivi.
Altri, invece, ci costringono ad attraversare gli Inferi.
Ciò che queste esperienze hanno in comune è la furiosa tempesta che portano nella nostra vita, il picco d’intensità che ci fa percepire ogni istante scorrere all’interno dei nostri pensieri e del nostro corpo.
Esperienze opposte, che per diverse ragioni ci fanno spesso rimanere ancorati ad un istante, a quell’istante in cui ci siamo sentiti travolti e, tutto sommato, eccezionalmente vivi.

Tutto il nostro essere rimane rapito dall’eccezionalità del momento, cercando di replicare con ogni mezzo l’eccitazione e la gioia, o altrimenti sfuggendo, con tutta la possibile caparbietà, il dolore…. ci riprogrammiamo così, giorno per giorno, a rivivere senza sosta la medesima esperienza, fissi in un istante che si è già consumato e che non ci darà più nulla, ormai.

Cristallizzandoci nel momento, ci neghiamo l’intensità che andiamo cercando.

Perchè l’intensità è energia, è movimento, è flusso, è vitalità.
L’intensità è sentire, vivere, lasciare andare per prepararsi al nuovo.
Intensità è integrare un’esperienza nella propria sfera emotiva senza permettere che questa ci caratterizzi, lasciando che si consegni a noi come la tessera di un puzzle, in continua evoluzione.
È consegnarci alla vita con fiducia, permettendole di attraversarci ed insegnarci a cogliere la meraviglia delle piccole cose quotidiane, depositando nel nostro cuore i suoi messaggi.
Non ci aggredisce con violenza ….. bisogna saperla ascoltare.


Occorre fermarsi, rallentare, respirare e porre una meticolosa attenzione verso ogni istante, ogni parola, ogni azione….ed osservarle semplicemente per quelle che sono.
Sottrarsi all’interpretazione, permettere che tutto sia accolto dal cuore, più che dalla mente.


È il cuore, il vero recettore dell’intensità.


Ed è proprio il cuore che la saprà dispensare a piene mani in tutto il nostro essere, regalandoci una sensazione di pienezza, leggerezza, profondità ed appagamento che è possibile solo attraverso queste….. piccole illuminazioni ….quotidiane.

Comincia a sperimentare l’ascolto, vai alle mie Risorse Gratuite e segui le pratiche che ti propongo.
Buon viaggio.

Categories: Uncategorized

Non recidere, forbice, quel volto

Non recidere, forbice, quel volto.

(Del dolore e della memoria)

E’ qualche giorno che mi frulla in mente quel verso.


Merito di una brillante insegnante di latino ed italiano, indimenticata dai tempi del liceo e prova di quanto la passione e la saggia visione possano incollarsi ad un giovane, regalando una vita colma di strumenti per scandagliare le proprie emozioni.

E dite poco.

Lei, si, era molto brava.
Arrivava in classe sempre seria, con la ruga in mezzo alle sopracciglia ben marcata e le labbra perennemente corrucciate, la fronte alta ed i capelli sale e pepe raccolti in uno chignon perennemente disordinato e ribelle, il viso vagamente triangolare segnato da rughe ben marcate che le davano un aspetto solenne.

E con i suoi pantaloni verde acceso a zampa, le collane lunghe con cui giochicchiava mentre tu annaspavi con una versione dall’inutile latino o qualche altra inspiegabile tortura.

Asciutta nei comportamenti, tagliente nell’espressione, penetrante nello sguardo.
Uno stile unico, il suo.
Ed oggi mi ritrovo incapace di separarmi dai suoi testi, ammuffiti e colmi delle mie note, che mi sembrano preziose chiavi di accesso da non dover smarrire.

Ostico, Montale.

Eppure “Poesie scelte” sta lì, sempre in prima fila, tant’è che finisce spesso tra le ante scorrevoli dell’armadio, nel tentativo di impedire ai gatti di entrarci e fare a brandelli i miei abiti.

Con buona pace di coloro per cui i libri sono scrigni di saggezza da venerare, i miei sono sgualciti.

Almeno, quelli più usati, in un modo o nell’altro.

Curioso, come affiorino alla memoria piccoli frammenti apparentemente inabissati nell’enorme mole di informazioni e ricordi che il cervello conserva….che sembravano perduti, dimenticati ed erano invece solamente inutilizzati.

E che la Vita riporta in vita, attivando chissà quale inesplicabile processo nel nostro meraviglioso, affascinante cervello.

Non recidere, forbice, quel volto,

solo nella memoria che si sfolla,

non far del grande suo viso in ascolto

Un freddo cala …Duro il colpo svetta.

E l’acacia ferita da sé scrolla

il guscio di cicala

nella prima belletta di Novembre.”

Il guscio di cicala.
La mia nota a latere, rigorosamente in matita, mi ricorda che è l’immagine di una reliquia di vita.
Il guscio della cicala che fu, cade nella melma di Novembre.


Se ne è andato a Novembre, il respiro della mia mamma.

E adesso che non lo sento più, si è risvegliata nei miei ricordi questa supplica in versi che per anni è rimasta nascosta in chissà quale cassetto.

Ci è voluto qualche tempo, giusto il necessario perché il dolore divenisse reale anche per la mente e le domande cominciassero ad affiorare.

I primi tempi, la sofferenza attacca il corpo, lo scuote, lo svuota, lo fa fremere ed indurire, mentre la mente annebbiata assiste semplicemente.

Non le appartengono, infatti, gli strumenti necessari per vivere il momento.

La morte non si controlla, non si comanda, non si comprende: non esiste risposta, né consolazione alcuna. Nessun appiglio, né scappatoia.

Affidarsi alla mente, quando siamo vittime del lutto, è una condanna alla pazzia, alla rovina certa, alla sconfitta più dura.

Non c’è scelta, occorre lasciarsi andare al corpo, seguirlo ubbidienti nei suoi bisogni, cullarsi e coccolarsi, accettare silenziosamente ed umilmente che non ce la si farà, perché non c’è nulla da “fare” ma tutto deve essere, duramente, quello che è.

Impotenti. Oltre che smarriti. Ci scopriamo fragili, ci affidiamo agli altri perché si prendano cura di noi, che con cura scegliamo a chi aprire il nostro animo ferito.

Che lentamente, nei giorni, comincia poi a respirare di nuovo, vinto dalla vita che sempre prevale, forte come null’altro, come nessun altro può essere.

Sfiniti, sfregiati, dolenti e ricurvi cominciamo ad affacciarci alla nuova, sconosciuta normalità monca che ci aspetta ed è allora…. che cerchiamo quel volto.

Ed inorriditi, lo troviamo solo nel ricordo.

Ma come può il ricordo essere accarezzato, che profumo ha il ricordo e che voce ?

Una gemma preziosa che rimarrà uguale a se stessa, incapace di regalarci nuove emozioni e gioie, rimanendo mestamente fisso come un quadro, con la nostra mente come cornice.

Mente che ritorna allora prepotente a farsi sentire, cercando di afferrare quei pochi brandelli che rimangono e che, atterrita, ad un certo punto si chiede: e se anche quella immagine sparisse ?

Non recidere, forbice, quel volto che è grande, fintantoché saprò vederlo ancora.

E’ tutto ciò che mi rimane, in una memoria che si sfolla, in una nebbia perenne che avvolge, nel tempo, ogni cosa.

Che accadrà, quando la forbice avrà compiuto il suo compito, togliendomi ogni consolazione ?

Ecco, io so che tornerò al corpo, perché è nella memoria ancestrale delle mie cellule che giacciono indimenticati tutti i miei avi.

Potrò ascoltare la vita scorrere ed il respiro fluire ed in essi ritrovarti, mamma.

Sarà quel corpo che abbandonerò, un giorno, a riportarmi a te, che te ne sei già liberata.

Solo allora potrò sentire il tuo profumo e la tua voce e le tue fragili braccia abbracciarmi ancora.

Accadrà, quando la mente accetterà il silenzio.

Occorre ancora pazienza e tempo, occorre chinare il capo davanti ad un mistero mai capito.

Eppure, non ti ho persa.

Forbice o non forbice, sarai con me.

Non ti vedranno i miei occhi, non ti vedrà la mia mente attraverso quel quadro, eppure ti sentirò in ogni mio respiro e sarai con me, ogni volta in cui avrò il dono di essere felice e di sentirmi in pace.

No, non reciderà il tuo volto e nessuna nebbia potrà far dimenticare al mio spirito che ci siamo appartenute, in vita, ed è la Vita ad unirci.

Per sempre.

Quel sempre che non esiste ma del quale siamo piccoli, insignificanti e brillanti frammenti.

Categories: Uncategorized

Dalla teoria alla pratica: emergenza, stress, trauma e TRE

In fondo non occorre conoscere nei dettagli gli Elementi, per sapere dove apparteniamo, ci sentiamo al sicuro, protetti, liberi ed in salute.

C’è chi nuota come un pesce, letteralmente ! E chi ha paura del bagnetto, sin da bambino.

Chi rinasce, come me, affondando le mani nella Terra come fossero radici, e chi trova che la terra sia bassa….e faticosa.

O, al massimo, niente più di qualcosa da calpestare.

C’è chi vive tra le nuvole, e chi non sale nemmeno sulle giostre, che tutto quel vuoto intorno è davvero troppo.

Ecco, io sono un essere terracqueo, da sempre.

Dapprima più “acqueo” e con la mia nuova vita fuori dalla città, finalmente, ho le mani nella terra appena posso.

Ma….ma le persone che ti vogliono bene, esistono anche per farti assaporare le emozioni di scelte che tu…non faresti mai !

Ed ecco che, complice un regalo, mi trovo a decollare su un ultraleggero, alla scoperta dei miei luoghi, da una nuova prospettiva.

Arrivata al cancello della scuola di volo, ammetto, ero un po’ agitata. Ed un pizzico incredula.

Ma non ho mai davvero pensato di sottrarmi all’esperienza che mi stava aspettando….solo, che non immaginavo davvero cosa mi aspettasse !

Non sono brava a creare suspance.

E non sto scrivendo per tenervi sulle spine.

Per cui vi svelo subito che il mezzo sul quale volavo, un idrovolante, ha finito per inabissarsi.

E tutta la mia avventura, è finita sui quotidiani locali, con tanto di particolari falsi o inventati da giornalisti decisamente poco professionali.

Vi dico che è accaduto tutto per un inconveniente tecnico, così soddisfo almeno parzialmente l’inevitabile curiosità di conoscere i dettagli di un evento decisamente infrequente ed apparentemente drammatico.

Vi stupisce che abbia scritto apparentemente ?

Molti in effetti si sono stupiti, che lo descrivessi così.

E questa è stata la molla grazie alla quale ho messo a fuoco alcune interessanti riflessioni, che voglio condividere con voi.

Mi sono trovata in mezzo al lago, all’esterno di un velivolo che minacciava di colare a picco, appesa ai tiranti di un’ala, nel tentativo di fare da contrappeso sul lato opposto a quello che gradualmente stava affondando.

Ed ero calma.

Straordinariamente calma.

E dato che non sono né una persona straordinaria, né sono preparata in alcun modo ad affrontare simili emergenze, questa calma ha suscitato un deciso stupore nei coattori della vicenda.

A me, invece, ha donato un’occasione superlativa, spero unica a dire il vero, per osservare la mia mente.

Al decollo, ai primi attimi del volo, l’inquietudine iniziale era già sparita e mi stavo godendo uno spettacolo per me inedito.

Ma quando le cose hanno cominciato ad andare storte, la prima emozione è stata l’incredulità. Il rifiuto.

Cosa rifiuta, precisamente, la mente in casi simili ?

La mente razionale calcola le probabilità che davvero un evento avverso e raro possa accadere proprio a te. Minime ? Impossibile, finirà diversamente da come sembra…..cerca una scappatoia.

La mente emotiva, invece, comincia a far brontolare la pancia, dato che la sua sede è nel corpo, e non vuole affrontare l’ignoto.

Cominciano ad attivarsi le risposte allo stress e cominci a sentire lo stomaco vuoto, l’attenzione acuta ed una minima attivazione cardiaca e polmonare: sei pronto per affrontare gli eventi.

Che, ovviamente, mutano e richiedono una risposta adattativa.

Nella mia emergenza, il fattore chiave è il Tempo.

Io ed il mio pilota abbiamo avuto tempo ….per decidere (lui) diverse strategie e, soprattutto, per comunicare.

E questi sono due elementi assolutamente cruciali.

Affrontare in modo proattivo una situazione di emergenza ed avere la possibilità di quantomeno tentare di essere decisivi rispetto al suo epilogo, occupa la mente razionale ed evita che si abbandoni alle congetture.

Se c’è da fare, la mente resa acuta dal picco di stress, non solo pensa solo una cosa per volta ma fa anche in modo che il compito che si è data venga svolto nel modo più efficiente possibile.

Sto remando correttamente ? Faccio peso da questo lato ? Dobbiamo chiamare qualcuno ?

Non è che i compiti fossero molti, ma sufficienti.

Lasciarsi andare alle congetture, avrebbe inevitabilmente dato potenza all’ignoto, i pensieri si sarebbero persi tra i più nefasti ed il picco di stress sarebbe rapidamente arrivato oltre la soglia di tolleranza.

A quel punto, sarei stata ufficialmente traumatizzata e probabilmente avrei compiuto delle azioni irrazionali, nonché inutili.

Ma c’è un altro elemento davvero essenziale per affrontare efficacemente una situazione simile.

Ed il perno è non essere, o essere lasciati, soli.

Non sto parlando di empatia nel senso più stretto del termine.

Il mio pilota ha avuto un comportamento ineccepibile, comunicandomi ogni evoluzione della situazione ed ogni soluzione attuabile, momento per momento.

Ha risposto alle mie domande, ha valutato le mie proposte, ascoltato, e riso persino delle mie battute.

E soprattutto, non ha mai cercato di negare l’emergenza.

In questo modo, nuovamente, la mia mente è stata protetta dalle congetture ed ha potuto immergersi nel presente.

Immagino che, conoscendomi, sappiate già cosa sto per dirvi.

Ovvero, il valore del “essere nel momento”, della consapevolezza e …..che non debba necessariamente essere un cuscino di meditazione, il luogo dove praticare la presenza.

L’esperienza eccezionale che ho vissuto mi ha dato questo insegnamento di inestimabile valore: la nostra mente può realmente essere allenata a non scappare via ed è un incredibile organo di senso, che ci immerge in una realtà caleidoscopica creata dal suo incontro con il campo delle infinite possibilità.

“Uno, nessuno e centomila” eventi per centomila menti diverse.

Non lo trovate affascinante ?

Ho avuto, in questa esperienza, il dono del Tempo.

Se invece di affondare lentamente, ci fossimo schiantati all’improvviso, la mente non avrebbe avuto il tempo di fare altro se non proteggersi nel rifiuto, il corpo sarebbe schizzato immediatamente in un’incontrollabile quanto inutile iper-attivazione ed il trauma si sarebbe presentato, senza scampo.

Sono comunque rimasta in osservazione per un paio di giorni, scandagliando i miei pensieri e le mie emozioni alla ricerca di qualche segnale.

Ovviamente, ho dovuto ripetere alcune volte la narrazione dell’accaduto a parenti ed amici, increduli.

Ed ho notato una lieve attivazione a livello del cuore, il respiro che si faceva più frammentato e superficiale.

A distanza di 48 ore, ho deciso di regalarmi una sessione di Trauma Release (avete già visitato la sezione dedicata ?), ed è alla fine di questa sessione che scrivo questa testimonianza.

La sessione è iniziata in crescendo: sin dai primi pattern di movimento ben conosciuti e che mi sono caratteristici, ho notato un incremento del volume e della frequenza respiratoria.

Per molti minuti ho sentito il bisogno di questa apertura del cuore attraverso il respiro, che mi ha portato ad una connessione più profonda con il corpo, mentre la mente alleggeriva man mano la sua presenza.

Ed ecco che, lentamente, è affiorata un’inquietudine sottile, che andava a rompere l’armonia del respiro.

Una sorta di pianto sordo, affogato nel profondo, nel petto.

E’ durata un po’, abitando la mente, fino a quando sono stata pronta ad abbandonare la resistenza a questa sensazione leggermente sgradevole, come una leggera oppressione.

L’ho contattata con le mani, appoggiandole sul cuore dopo aver cercato con il tocco il punto più sensibile e vicino alla sensazione, finché non mi sono trovata a massaggiare molto vigorosamente lo sterno, su e giù, più e più volte e…bam!

Ad un tratto, ecco la rabbia !

Il corpo si è attivato velocemente, il capo si scuoteva in un deciso “no!” mentre mani e piedi sbattevano forte a terra.

Non è durato che pochi secondi.

Il corpo è rientrato poi delicatamente nei suoi schemi conosciuti, lentamente l’inquietudine è sparita.

Qualche leggero tremore, come a sciogliere residui e la mente ha cominciato a fare capolino: piano piano sono arrivati i pensieri …il lavoro, gli impegni, le cose da acquistare…..

Per le mie sessioni, questo segna il momento in cui interrompere.

Aspetto sempre un attimo, ascolto se deve arrivare ancora qualcosa, mi prendo del tempo, silenzio la mente.

E poi, concludo il mio trauma release.

Anche oggi, sono straordinariamente grata di aver trovato sul mio cammino questo strumento incredibile al quale mi affido con fiducia.

Una sorta di traduttore che permette al mio corpo di esprimersi, liberarsi e guarire senza passare per la mia ingombrante mente razionale.

Penso ancora che sia un regalo che è stato fatto prima di tutto a me, per quanto mi ha fatto scoprire e crescere.

Impossibile, poi, non condividerlo nella mia professione.

Cosa sarebbe stata l’esperienza, come vi dicevo pur solo apparentemente drammatica, di trovarmi in mezzo ad un lago, su un velivolo che stava affondando, se non avessi avuto gli strumenti per indirizzare la mia mente al momento presente, piuttosto che lasciarsi trascinare nelle improbabili congetture di un futuro che poteva apparire piuttosto indesiderabile ?

E quanto è inestimabile il valore di uno strumento che permette di evacuare dalle memorie del corpo anche gli insulti meno profondi, creando spazio, evitando che lo stress si accumuli ?

Ancora una volta, grazie TRE !

Il mio decollo !

Categories: Uncategorized

Una riflessione da condividere

Ieri ho ripreso uno sport che mi è molto familiare, dopo tanto, tanto tempo di inattività.

Finita la sessione, in auto, mentre tornavo a casa, ascoltavo il mio corpo parlarmi, cercando di lasciare più spazio possibile al dialogo.

Sentivo le fasce dove risiedono i miei problemi, tirarsi, avvitarsi …le sentivo vive !

Doloranti, vero.

Ma finalmente in grado di esprimersi.

Il dolore, lo sa bene chi lo vive nella sua versione più spietata, quella cronica, è un efficente congelatore di sensazioni.

Sembra assurdo, ma dove c’è il dolore cronico, si smette di sentire.

I muscoli si irrigidiscono e caparbiamente smettono di collaborare, le fasce perdono la loro funzione ed il corpo non dialoga più con se stesso. Comincia a lavorare per compartimenti, escludendo quelli da dove arrivano i segnali di allarme, nel tentativo di salvaguardarne l’integrità.

Cominciamo lentamente a perdere il dialogo interno, a vivere nei compensi posturali, ad accettarne le conseguenze e così, giorno dopo giorno, plasmiamo la nostra mente ad accettare ed arrendersi.

Ecco perché cronicità e depressione vanno a braccetto.

Ed è un viaggio fatto di passi impercettibili, un abbraccio sinuoso e soffocante che stringe sempre un pò di più.

Fino a quando, un giorno….

E’ la vita, ad offrirci pene e delizie.

Basta una piccola occasione, basta una minima deviazione dalla routine e ……. tutto può cambiare.

Un incontro, una frase che ci accendono d’emozione, una riflessione che ci riempie di tristezza o un impeto di rabbia che sale.

Sono tutte manifestazioni della nostra energia interiore, che cerca faticosamente di far capolino nella fatica e nell’abitudine che ci appiattiscono. Sono momenti preziosi, da raccogliere con tutta la volontà che riusciamo a richiamare a noi stessi.

Caparbiamente, ci dobbiamo afferrare a queste occasioni, permettere loro di trascinarci in una nuova realtà.

Possiamo sentire la nostra energia vitale agitarsi, dapprima con timidezza e percepirne la presenza appena un filo.

Usiamola, questa energia, per aprire il cassetto dei nostri sogni, anche piccoli ……e cominciamo a progettare.

Magari, anche solo riprendere uno sport abbandonato da tempo.

Ed emozionarsi, per essere li.

Di nuovo.

Lasciare che l’emozione scorra, sentirla nel corpo, lasciarla libera di esprimersi, di parlare, finalmente.

Sapere che siamo sempre stati quello che vorremmo ora diventare, sapere nel profondo che spetta solo a noi raccogliere le occasioni e farle fiorire nella nostra vita.

Esserci.

E svolgere al meglio il nostro compito evolutivo.

Che passa anche attraverso il dolore, la resistenza, l’accettazione e la resa finale.

La resa attiva, però.

Che non chiede un miracolo salvifico ma d’imparare ad esserci, a prescindere da tutto, in piena presenza e gioia.

E diventare così creatori della nostra realtà.

Gioite con il vostro corpo !

Sentitelo ! Ascoltatelo !

Categories: Uncategorized