In fondo non occorre conoscere nei dettagli gli Elementi, per sapere dove apparteniamo, ci sentiamo al sicuro, protetti, liberi ed in salute.
C’è chi nuota come un pesce, letteralmente ! E chi ha paura del bagnetto, sin da bambino.
Chi rinasce, come me, affondando le mani nella Terra come fossero radici, e chi trova che la terra sia bassa….e faticosa.
O, al massimo, niente più di qualcosa da calpestare.
C’è chi vive tra le nuvole, e chi non sale nemmeno sulle giostre, che tutto quel vuoto intorno è davvero troppo.
Ecco, io sono un essere terracqueo, da sempre.
Dapprima più “acqueo” e con la mia nuova vita fuori dalla città, finalmente, ho le mani nella terra appena posso.
Ma….ma le persone che ti vogliono bene, esistono anche per farti assaporare le emozioni di scelte che tu…non faresti mai !
Ed ecco che, complice un regalo, mi trovo a decollare su un ultraleggero, alla scoperta dei miei luoghi, da una nuova prospettiva.
Arrivata al cancello della scuola di volo, ammetto, ero un po’ agitata. Ed un pizzico incredula.
Ma non ho mai davvero pensato di sottrarmi all’esperienza che mi stava aspettando….solo, che non immaginavo davvero cosa mi aspettasse !
Non sono brava a creare suspance.
E non sto scrivendo per tenervi sulle spine.
Per cui vi svelo subito che il mezzo sul quale volavo, un idrovolante, ha finito per inabissarsi.
E tutta la mia avventura, è finita sui quotidiani locali, con tanto di particolari falsi o inventati da giornalisti decisamente poco professionali.
Vi dico che è accaduto tutto per un inconveniente tecnico, così soddisfo almeno parzialmente l’inevitabile curiosità di conoscere i dettagli di un evento decisamente infrequente ed apparentemente drammatico.
Vi stupisce che abbia scritto apparentemente ?
Molti in effetti si sono stupiti, che lo descrivessi così.
E questa è stata la molla grazie alla quale ho messo a fuoco alcune interessanti riflessioni, che voglio condividere con voi.
Mi sono trovata in mezzo al lago, all’esterno di un velivolo che minacciava di colare a picco, appesa ai tiranti di un’ala, nel tentativo di fare da contrappeso sul lato opposto a quello che gradualmente stava affondando.
Ed ero calma.
Straordinariamente calma.
E dato che non sono né una persona straordinaria, né sono preparata in alcun modo ad affrontare simili emergenze, questa calma ha suscitato un deciso stupore nei coattori della vicenda.
A me, invece, ha donato un’occasione superlativa, spero unica a dire il vero, per osservare la mia mente.
Al decollo, ai primi attimi del volo, l’inquietudine iniziale era già sparita e mi stavo godendo uno spettacolo per me inedito.
Ma quando le cose hanno cominciato ad andare storte, la prima emozione è stata l’incredulità. Il rifiuto.
Cosa rifiuta, precisamente, la mente in casi simili ?
La mente razionale calcola le probabilità che davvero un evento avverso e raro possa accadere proprio a te. Minime ? Impossibile, finirà diversamente da come sembra…..cerca una scappatoia.
La mente emotiva, invece, comincia a far brontolare la pancia, dato che la sua sede è nel corpo, e non vuole affrontare l’ignoto.
Cominciano ad attivarsi le risposte allo stress e cominci a sentire lo stomaco vuoto, l’attenzione acuta ed una minima attivazione cardiaca e polmonare: sei pronto per affrontare gli eventi.
Che, ovviamente, mutano e richiedono una risposta adattativa.
Nella mia emergenza, il fattore chiave è il Tempo.
Io ed il mio pilota abbiamo avuto tempo ….per decidere (lui) diverse strategie e, soprattutto, per comunicare.
E questi sono due elementi assolutamente cruciali.
Affrontare in modo proattivo una situazione di emergenza ed avere la possibilità di quantomeno tentare di essere decisivi rispetto al suo epilogo, occupa la mente razionale ed evita che si abbandoni alle congetture.
Se c’è da fare, la mente resa acuta dal picco di stress, non solo pensa solo una cosa per volta ma fa anche in modo che il compito che si è data venga svolto nel modo più efficiente possibile.
Sto remando correttamente ? Faccio peso da questo lato ? Dobbiamo chiamare qualcuno ?
Non è che i compiti fossero molti, ma sufficienti.
Lasciarsi andare alle congetture, avrebbe inevitabilmente dato potenza all’ignoto, i pensieri si sarebbero persi tra i più nefasti ed il picco di stress sarebbe rapidamente arrivato oltre la soglia di tolleranza.
A quel punto, sarei stata ufficialmente traumatizzata e probabilmente avrei compiuto delle azioni irrazionali, nonché inutili.
Ma c’è un altro elemento davvero essenziale per affrontare efficacemente una situazione simile.
Ed il perno è non essere, o essere lasciati, soli.
Non sto parlando di empatia nel senso più stretto del termine.
Il mio pilota ha avuto un comportamento ineccepibile, comunicandomi ogni evoluzione della situazione ed ogni soluzione attuabile, momento per momento.
Ha risposto alle mie domande, ha valutato le mie proposte, ascoltato, e riso persino delle mie battute.
E soprattutto, non ha mai cercato di negare l’emergenza.
In questo modo, nuovamente, la mia mente è stata protetta dalle congetture ed ha potuto immergersi nel presente.
Immagino che, conoscendomi, sappiate già cosa sto per dirvi.
Ovvero, il valore del “essere nel momento”, della consapevolezza e …..che non debba necessariamente essere un cuscino di meditazione, il luogo dove praticare la presenza.
L’esperienza eccezionale che ho vissuto mi ha dato questo insegnamento di inestimabile valore: la nostra mente può realmente essere allenata a non scappare via ed è un incredibile organo di senso, che ci immerge in una realtà caleidoscopica creata dal suo incontro con il campo delle infinite possibilità.
“Uno, nessuno e centomila” eventi per centomila menti diverse.
Non lo trovate affascinante ?
Ho avuto, in questa esperienza, il dono del Tempo.
Se invece di affondare lentamente, ci fossimo schiantati all’improvviso, la mente non avrebbe avuto il tempo di fare altro se non proteggersi nel rifiuto, il corpo sarebbe schizzato immediatamente in un’incontrollabile quanto inutile iper-attivazione ed il trauma si sarebbe presentato, senza scampo.
Sono comunque rimasta in osservazione per un paio di giorni, scandagliando i miei pensieri e le mie emozioni alla ricerca di qualche segnale.
Ovviamente, ho dovuto ripetere alcune volte la narrazione dell’accaduto a parenti ed amici, increduli.
Ed ho notato una lieve attivazione a livello del cuore, il respiro che si faceva più frammentato e superficiale.
A distanza di 48 ore, ho deciso di regalarmi una sessione di Trauma Release (avete già visitato la sezione dedicata ?), ed è alla fine di questa sessione che scrivo questa testimonianza.
La sessione è iniziata in crescendo: sin dai primi pattern di movimento ben conosciuti e che mi sono caratteristici, ho notato un incremento del volume e della frequenza respiratoria.
Per molti minuti ho sentito il bisogno di questa apertura del cuore attraverso il respiro, che mi ha portato ad una connessione più profonda con il corpo, mentre la mente alleggeriva man mano la sua presenza.
Ed ecco che, lentamente, è affiorata un’inquietudine sottile, che andava a rompere l’armonia del respiro.
Una sorta di pianto sordo, affogato nel profondo, nel petto.
E’ durata un po’, abitando la mente, fino a quando sono stata pronta ad abbandonare la resistenza a questa sensazione leggermente sgradevole, come una leggera oppressione.
L’ho contattata con le mani, appoggiandole sul cuore dopo aver cercato con il tocco il punto più sensibile e vicino alla sensazione, finché non mi sono trovata a massaggiare molto vigorosamente lo sterno, su e giù, più e più volte e…bam!
Ad un tratto, ecco la rabbia !
Il corpo si è attivato velocemente, il capo si scuoteva in un deciso “no!” mentre mani e piedi sbattevano forte a terra.
Non è durato che pochi secondi.
Il corpo è rientrato poi delicatamente nei suoi schemi conosciuti, lentamente l’inquietudine è sparita.
Qualche leggero tremore, come a sciogliere residui e la mente ha cominciato a fare capolino: piano piano sono arrivati i pensieri …il lavoro, gli impegni, le cose da acquistare…..
Per le mie sessioni, questo segna il momento in cui interrompere.
Aspetto sempre un attimo, ascolto se deve arrivare ancora qualcosa, mi prendo del tempo, silenzio la mente.
E poi, concludo il mio trauma release.
Anche oggi, sono straordinariamente grata di aver trovato sul mio cammino questo strumento incredibile al quale mi affido con fiducia.
Una sorta di traduttore che permette al mio corpo di esprimersi, liberarsi e guarire senza passare per la mia ingombrante mente razionale.
Penso ancora che sia un regalo che è stato fatto prima di tutto a me, per quanto mi ha fatto scoprire e crescere.
Impossibile, poi, non condividerlo nella mia professione.
Cosa sarebbe stata l’esperienza, come vi dicevo pur solo apparentemente drammatica, di trovarmi in mezzo ad un lago, su un velivolo che stava affondando, se non avessi avuto gli strumenti per indirizzare la mia mente al momento presente, piuttosto che lasciarsi trascinare nelle improbabili congetture di un futuro che poteva apparire piuttosto indesiderabile ?
E quanto è inestimabile il valore di uno strumento che permette di evacuare dalle memorie del corpo anche gli insulti meno profondi, creando spazio, evitando che lo stress si accumuli ?
Ancora una volta, grazie TRE !
Il mio decollo !